L’impegno di alcuni geologi napoletani ha portato alla luce l’antico percorso del Tunnel Borbonico che consentiva il collegamento tra il Palazzo Reale ed il mare che da pochi mesi (ottobre 2010) è possibile visitare.

Un Tunnel nato con scopi militari con un percorso che andava da Palazzo Reale a via Morelli, lungo il tracciato intercettò la rete di cunicoli e cisterne legate all’antico acquedotto del Carmignano (1627-1629) che serviva la città di Napoli ed, in particolare, la zona di Pizzofalcone. Durante la seconda Guerra Mondiale il Tunnel e le cavità adiacenti furono utilizzate come ricovero bellico durante i numerosi bombardamenti.

La visita al Tunnel, da non confondere con Napoli sotterrannea, parte da Vico del Grottone, attraversa una scala del ‘700 di 90 gradini, e porta nelle cisterne dell’acquedotto seicentesco del Carmignano: il percorso è lungo circa 530 metri e attraversa il Tunnel Borbonico fino all’uscita su Via Morelli.
La magnifica scala di novanta gradini ha delle piccole nicchie per le candele ed è stata tutta scavata a mano. Fu riempita con le macerie dei palazzi bombardati durante la seconda guerra mondiale e oggi è stata rimessa a nudo. Si scende negli ambienti dell’antico acquedotto del Carmignano (1627-1629) rimasto in funzione fino a fine ‘800. Si tratta di cisterne immense scavate nel tufo a colpi di scalpello i cui segni sono ben visibili sulle pareti. Un ferro di cavallo porta fortuna e il giallo paglierino del tufo accolgono il visitatore. Il tufo è vecchio di 10’000 anni. E’ il frutto di eruzioni della zona dei Campi Flegrei e fu trasportato dal vento per poi depositarsi e solidificarsi in molti luoghi di Napoli e dintorni. La sua resistenza statica è ottima e lo si scava con facilità. Tutte queste cisterne sono comunicanti tra loro e verso la superficie grazie ad un sistema di pozzi. Questo intricato sistema sotterraneo era tutto un via vai dei cosiddetti pozzonari, gli addetti alla manutenzione che scendevano nei pozzi aggrappandosi ad una serie di piccoli gradini scavati nelle pareti.

Spesso le cisterne sono ricoperte di malta idraulica bianca per impermeabilizzare e per dare più luminosità agli ambienti sotterranei. Infatti, la luce era fioca e resta ancora qualche traccia dell’impianto elettrico aggiunto quando queste cavità furono trasformate in rifugi antiaerei. Napoli fu martoriata per via del suo porto. Molti pozzi furono chiusi per evitare il ripetersi della tragica fatalità in cui una bomba una volta ne centrò uno ed esplose all’interno della cisterna uccidendo tutte le duecento persone che vi si erano rifugiate.

“NOI VIVI” è la scritta a carboncino a ricordo dei momenti di angoscia durante uno degli allarmi aerei. La data riportata è il 26 aprile 1943, allarme delle 13,20. Oggi è possibile grazie ad un gruppo di appassionati e intraprendenti geologi ripercorrere un tracciato inusuale dove la storia della città è ben visibile.  Ferdinando II, detto il re Bomba a causa della sua stazza massiccia, iniziò delle opere di rimaneggiamento di questa parte del ventre di Napoli al fine di collegare il Palazzo Reale con la Caserma di via Morelli, già via della Pace, e garantirgli una via di fuga in caso di disordini, ma l’opera restò incompiuta con l’arrivo dei Savoia. Dopo aver attraversato delle volte degne di una cattedrale di mattoni e tufo, il percorso termina con la visita di quello che fu un deposito giudiziario di automobili. I cimeli arrugginiti sono un’interessante testimonianza della storia della motorizzazione e un sapiente sistema d’illuminazione rende dei rottami degli oggetti affascinanti.

Fonte: www.viaggi.lastampa.it

La visita è possibile ogni venerdì, sabato, domenica e festivi, alle 10, 12, 15.30 e 17.30.

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