29 giugno.. Roma si ferma a festeggiare i due santi apostoli Pietro e Paolo, entrambi patroni di Roma.

La celebrazione dei santi patroni di Roma inizia la sera del 28 giugno nella basilica vaticana, con la statua di San Pietro vestito da pontefice.

Si tiene poi una serie di riti che vanno dai “vesperoni”, resi solenni dal coro della cappella Sistina, alla benedizione dei palii (stendardi processionali) conservati nella nicchia posta sotto l’Altare della Confessione.

Anche per questa festa, che sembrerebbe di esclusiva origine cristiana, si fa l’ipotesi della sostituzione di un culto pagano ad opera della Chiesa in epoca ancora antica: in questo senso, Pietro e Paolo accomunati in un’unica commemorazione avrebbero preso il posto dei Dioscuri.

Secondo un’antica e consolidata memoria in Via Ostiense, tra gli odierni numeri civici 106 e 108 e a circa trecento metri dalla Basilica di S. Paolo fuori le mura, avvenne l’ultimo fraterno saluto tra Pietro e Paolo, separati, per essere avviati al martirio.

Pietro crocefisso a testa in giù presso il circo di Caligola in Vaticano, Paolo decapitato alle Acque Salvie all’Ostiense.

San Pietro venne condotto nell’antico circo neroniano che all’epoca insisteva dove ora è Piazza San Pietro, per essere crocifisso a testa in giù; il suo corpo fu composto dai discepoli e seppellito in una tomba in piena terra in quella zona.

La povertà della sepoltura faceva molto contrasto con le tombe dei pagani, anch’esse presenti in quell’area sepolcrale.

In seguito, sull’umile tomba sorse un’edicola, poi, l’Imperatore Costatino, agli inizi del IV secolo d. C., fece costruire una basilica imponente a cinque navate che, purtroppo andò distrutta nel periodo medievale.

Fu ricostruita più volte fino al Rinascimento dove artisti insigni furono incaricati del progetto sia di ricostruzione: Maderno, sia di ristrutturazione e arricchimento (cupola): Michelangelo, sia di ampliamento (colonnato): Bernini.

La tomba di Pietro è giù a 14 metri sotto l’Altare della Confessione; i vari edifici sacri che si sono susseguiti nei secoli, uno sull’altro, insistono su quella tomba quasi a voler confermare le parole del Cristo:”Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”.

Contemporaneamente alla costruzione della Basilica di San Pietro, Costatino fece erigere anche quella di San Paolo che venne distrutta da un pauroso incendio nel 1823; la Basilica esistente oggi è una ricostruzione eseguita quasi subito dopo l’incendio.

Poiché doveva venire eretta esattamente sul sepolcro dell’Apostolo,e siccome questo, secondo le antiche concezioni, non poteva essere traslato, la chiesa dovette essere costruita molto lontana dalla città, ed è per questo che venne chiamata: “San Paolo fuori le mura”.

Secondo la tradizione Pietro e Paolo furono entrambi rinchiusi nel Carcere Mamertino, ai piedi del Campidoglio, dove Pietro riuscì a convertire i suoi carcerieri e li battezzò, ma non essendovi acqua in quell’ambiente ipogeo, batté sul terreno e sgorgò una fontanella, che esiste ancora.

San Paolo venne condotto “ad aquas salvias”, nell’attuale zona delle Tre Fontane, sulla Via Laurentina, per essere decapitato; essendo un cittadino romano fu portato, dunque, fino al luogo del martirio e la storia ci tramanda che la sua testa avrebbe battuto tre volte al suolo facendo scaturire, ad ogni caduta, una fonte miracolosa; l’episodio assegnò il nome al luogo e alla chiesa sorta in onore dell’Apostolo.

Nel punto dove avvenne l’ultimo saluto, fu , in seguito, eretta una cappella, poi una chiesetta, detta della “Separazione”, sopravvisse fino al novecento; oggi, esiste una lapide posata nel corso dell’Anno Santo 1975 che contiene in pochissime parole il ricordo dell’avvenimento:

Culmine di tutti i riti religiosi era il dono della Chinea, un cavallo bianchissimo, tutto bardato, con sopra la sella una coppa contenente settemila scudi d’oro, offerto in dono al papa dall’ambasciatore del re delle due Sicilie. Il cavallo, abilmente ammaestrato, partiva con un corteo di patrizi, ambasciatori e prelati da palazzo Colonna in piazza Santi Apostoli e arrivava in San Pietro dove si inginocchiava davanti al pontefice. Ma il momento più atteso era quello in cui veniva illuminato il Cupolone: era impressionante vedere i sampietrini – gli operai che lavoravano alla fabbrica di San Pietro – calarsi con destrezza lungo funi e carrucole sulla cupola e sui costoni michelangioleschi, dove erano sistemate fiaccole e grandi lanterne ad olio; e accenderle con acrobatici salti in pochi istanti per non far perdere l’effetto d’insieme. Cosa che oggi si fa premendo un bottone, senza mettere a rischio vite umane e senza lo spettacolo del rischio, crudele ma emozionante. Anche la grande girandola sugli spalti di Castel Sant’Angelo, che ha caratterizzato per secoli la festa, non si è più accesa: al suo posto, e non sempre, i più usuali fuochi d’artificio.

A coronamento di questa lapide un semplice bassorilievo rammenta i due Apostoli nell’atto dell’estremo abbraccio.

Nella ricorrenza del 29 giugno vengono celebrati solenni riti e, in particolare a San Pietro, il Santo Padre imporrà il “Pallio” ad alcuni vescovi simboleggiando così l’unione del supremo Pastore della Chiesa Universale con i più alti capi delle chiese locali.

Il Pallio è una stola di lana bianca riservata, oltre che al Papa stesso, ai patriarchi, ai vescovi e ai metropoliti.

Alla confezione del pallio concorre anche la lana di due agnellini bianchi che il giorno 21 gennaio di ogni anno vengono benedetti nella Chiesa di S. Agnese (la benedizione è attestata dalla metà del secolo XV) e la loro tosatura concorrerà alla confezione dei sacro pallio da donare al Papa.

Un’altra tradizione che si rinnova annualmente per la ricorrenza del 29 giugno è il bacio del piede della grande statua di bronzo di San Pietro situata nella navata centrale dell’omonima basilica.

Per l’occasione la statua sarà vestita con il “piviale” rosso (paramento sacro a forma di mantello).

Sempre come commemorazione della festa dei patroni romani è la processione che si svolge per le strade, all’imbrunire; in corteo sono recate le catene di San Paolo, una reliquia conservata presso la basilica ostiense e che consta di 14 anelli di ferro.