La famosa acqua “suffregna”fu negata ai napoletani per ben 27 anni, dall’avvento del colera del 1973..e dopo una lunga serie di analisi e un processo di depurazione per renderla potabile il comune di Napoli ha poi ripristinato il corretto uso e consumo di questa acqua sorgiva..

In Via Riccardo Filangieri Candida Gonzaga, strada comunicante con Via Acton e Piazza Municipio o, meglio tra le mura perimetrali del Palazzo Reale e di Castelnuovo, nel 2000 son state inaugurate quattro fontanine dove sgorga l’acqua delle “mummare”, fatta affluire da un pozzo borbonico sito nei giardini di Palazzo reale e proveniente dalla sorgente del vicino e Monte Echia. (Il Monte Echia, è una mezza collina, situato sulla parte alta della zona di S. Lucia, chiamato anche Pizzofalcone e, Monte di Dio)

L’acqua della sua sorgente è conosciuta come l’acqua del Chiatamone prendendo il nome della strada dove sgorga originariamente la sua fonte e, dove avveniva l’imbottigliamento dell’acqua “Suffregna” nelle “mummare” (fiasche in terracotta di forma panciuta) per conservare e non alterare le sue proprietà sorgive (qualora non bevuta direttamente alla fonte).

L’acqua “zurfegna” conosciuta anche con i nomi di suffregna, ferrata, delle mummare e del Chiatamone, è stata da secoli la “bevanda” per eccellenza dei napoletani, molti la sorseggiano in piccole dosi con il vino,oppure gradirla presso una “banca dell’acqua” dove il venditore d’acqua detto “acquaiolo” la serve liscia o con l’aggiunta di spremute d’arancia o di limone e un pizzico di bicarbonato di sodio.

L’acquaiolo fino al 1973 ha conservato una sua caratteristica folkloristica, difatti per attirare l’attenzione dei viandanti si serviva del suono manuale e ripetuto del premiagrumi in ferro forgiato, accompagnato da esclamazioni penetranti del suo grido per far sì che il distratto notasse la sua “banca dell’acqua” e colà dissetarsi, dopo aver ascoltato una serie di ripetuti e vocianti inviti in vernacolo napoletano: venite ‘a rinfrescarvi tengo l’acqua do’ Chiatamone, c’arance e limoni ‘e Surriento; chest’ è acqua ‘e paradiso, è acqua ‘e mummera; ‘na veppet’ è chest’ acqua te cunzola (una bevuta di quest’acqua ti consola).

Da alcuni riferimenti storici si è appreso che quando lo sfortunato Franceschiello, ultimo re Borbone, accompagnato dalla bella moglie Maria Sofia, andò esule a Parigi, ad un Ministro napoletano che gli era andato a rendere omaggio chiese che gli si portasse un ricordo della sua amata Napoli. Il Ministro giunto a Napoli si rivolse allo scultore Vincenzo Gemito che modellò espressamente per il re la statua dell’acquaiolo fusa in argento mostrante il classico scugnizzo con la “mummera” sotto al braccio e con la “mummarella” in mano.