Che son Napoletana si sa…che adoro quel che son i mille volti di questa città, le sue contraddizioni,colori e credenze forse un pò meno..Stamane girando un pò sui miei soliti siti/blog preferiti son passata come di consueto sul blog del Professore..di Sasà o’ Professore, ed ecco una storia della pizza Napoletana..così ben fatta, che ho ben pensato di postarla anche sul mio blogghino…Complimenti a lui…

“E’ una specialità soprattutto napoletana ed (a noi napoletani il riconoscimento europeo fa molto piacere) sapendo che l’hanno imparato in tutto il mondo a preparare e a cuocere! Sto parlando della pizza Margherita, una volta si diceva :(sule a Napule ‘a sanne fa’)

La vera pizza napoletana deve contenere i seguenti in gradienti:pomodoro, mozzarella di bufala (Dop) Denominazione d’Origine Protetta o mozzarella (Sgt) Specialità Tradizionale Garantita, olio extra vergine d’oliva ed origano; deve essere fatta con pezzo di pasta di farina tenera da spalmare in un diametro non superiore ai 35 centimetri, il bordo rialzato (cornicione) alto tra 1 e centimetri, cotta in un forno legna ed avere una consistenza insieme mordida, elastica e facilmente piegabile a libretto.

O Pezzajuole, Antichissimo mestiere, consistente nel saper preparare e cuocere ‘e pizze.
‘A Pizza non è altro, che un pezzo di pasta morbida ed elastica, ottenuto da farina impastata con un buon pizzico di sale e con lievito disciolto in acqua tiepida e lasciato a crescere per circa due ore per ottenerne poi dei panetti tondi, da utilizzare al momento della preparazione e dell’immediata cottura nel forno a legna.
La preparazione d’ ‘a pizza sta nel fatto, che occorre allargare e distendere il panetto morbido con le palme delle mani e mettendoci sopra generalmente polpa spezzettata e sgocciolata di pomodoro, fette di mozzarella o un pizzico di parmigiano, condendo con olio e sale ed infornare il tutto i con una apposita pala n un formo a legna, infuocato a circa 300 gradi .
‘O Pezzajuole attualmente oltre ad essere il produttore di pizze e divenuto anche il gestore del locale, dove si è solito consumare questa ormai celeberrima focaccia conosciuta in tutto il mondo.
Una volta ‘o Pezzajuole era ambulante scendeva e risaliva i vicoli portando sulla testa un contenitore di stagno a forma rotonda, nel quale fumavano pizze all’aglio origano e pomidoro, alla mozzarella, alle alice salate appena sfornate.
Il suo incitamento a comprare e mangiare ‘a pizza era :
Uhe, ca je me cocio! Comme so’ vullente, favorite”
“Tenghe ‘a lava e ll’uoglie “
“Nu sorde mange ‘a mamma e ‘a figlia.”

Tra gli aneddoti più interessanti è da ricordare c’è quello d’ ‘a pezzajola de’ Quartieri spagnoli, che inventò lo slogan .”Cca se magne e nun se pava” ( In realtà la prima pizza era piccola e gratis e si iniziava a pagare dalla seconda in poi, che era normale), una specie di prova d’assaggio.
Per i più poveri fu inventato ‘a pizza “ Ogge a Otto” ossia la pizza che si mangiava subito, mentre il pagamento avveniva a distanza di una settimana, con comodo.
‘O Pezzajuolo , rimasto famoso fu Brandi a Chiaja , che nel rendere omaggio alla Regina Margherita, , (1851-1926) in visita a Napoli, inventò la pizza con i colori della nostra bandiera, Il rosso con il pomodoro, il bianco con la mozzarella ed il verde con foglie di basilico e da quel momento quel tipo di pizza fu chiamata Margherita.
Un’altra variazione spopolò negli anni del dopohuerra, anche se non divenne mai famosa,” ‘a pizza cu ‘o segreto” inventata da Alfonso Ottolino, figlio del Monzù Vincenzo Ottolino, che lavorava come cuoco nel ristorante D’Angelo, che a sorpresa sul cerchio rotondo, (la forma della pizza), metteva ogni ben di Dio a sorpresa.
Negli anni Sessanta nacque una nuova specialità “‘a Pizza a Metro” inventata da Gigino ‘o Zezzuse a Vico Equense, che consisteva nel servire la pizza non su un piatto rotondo, ma in una teglia rettangolare lunga, un metro, mezzo metro e larga venti centimetri.
Esiste infine una pizza speciale, quella degli snob, nota, come “‘a pizza alle quattro stagioni o ai quattro formaggi, che si suole degustare al posto della solita pizza margherita.
La prima e la più classica pizza napoletana resta e rimane però, sempre quella alla Marinara, quella mangiata fin dal lontano Seicento, senza pomidoro, ne altri ammennicoli, se non con l’impasto di pasta morbida con aggiunta di olive nere di Gaeta snocciolate, acciughe lavate e ridotte a filetti, capperi dissalati, olio d’oliva ed una spruzzata di origano.
A via dei Tribunali nei pressi della Chiesa de’ Cape ‘e morte negli anni sessanta esisteva ‘nu pezzajuole, (Don Antonie ‘o Purgatorie) che aveva inventato un premio settimanale, (guadagnava un giornata di pizze gratis ), chi in una sola volta riusciva a mangiare più pizze,.
Si facevano le graduatorie giornaliere, specie fra gli studenti del vicino Istituto Tecnico A.Diaz, e si racconta che uno studente vuoi per la fame , vuoi per la scommessa riuscì a mangiarsene sette ( un record).
‘A pizza rappresenta insieme al Mandolino ed agli spaghetti ed una buona tazza di caffè uno dei principali simboli di Napoli.
Durante una pausa dei lavori del G 7 tenutosi nel 1991 a Napoli il presidente Americano Bill Clinton si fece condurre in via Tribunali per addentare una pizza piegata a libretto, col corpo inclinato in avanti per evitare lo sgocciolio dell’olio sulla cravatta, come il più esperto mangiatore di pizza napoletana.

Un capitolo a parte occorre per parlare della pizza piegata a metà a forma di mezza luna, il cosiddetto ‘o Cazone pizza ripena, pizza ripiena di ricotta e mozzarella e basilico, guarnita con fettine di pomidoro
Fin qui abbiamo descritto le qualità nutritive e la stravaganza di come si può preparare la pizza al forno e le continue variazione, avutesi nel tempo, a questo punto ci corre l’obbligo di parlare dell’altra specialità di pizza napoletana, ‘a Pizza Fritta buona e forse più saporita e gustosa di quella al forno, che differisce da quest’ultima, perché viene cotta in una pentola abbondante di olio bollente, finché non diventa ben colorita e crocconte. Le specialiste della Pizza fritta erano due sorelle, “‘E Figliole”, titolari della pizzeria situata in una traversa nei pressi di Castel Capuano
‘O Pezzjuole Napulitane oltre alla pizza prepara e ne fa bella mostra nel suo banchetto di vetro ben riscaldato elettricamente appostato all’entrata del suo locale , che ne è pieno di ”‘e Panzarotte, ‘e ciurille,‘e Pasta crisciute e Scagliuozze..
‘E Panzarotte, Crocchetta di patate composta da una amalgama di patate lessate e sbucciate, passata prima nella farina, poi nell’uovo sbattuto, nel pangrattato e fritta in abbondante olio bollente, finche non indora ed dopo aver fatto assciugare su una carta assorbente l’olio superfluo di cottura, si aggiunge sale e pepe
‘E Ciurille Frittelle di fiori di zucchine fioriti, cotte in olio bollente. Frittelle, che prima della cottura, sono immerse nella pastella ( impasto liquido di acqua e farina) e condite poi con sale e pepe.
‘E Pasta crisciute , (Pasta cresciuta) Frittella ,composta di farina lievitata in acqua tiepida per circa un’ora e, quando l’impasto è abbastanza molle, a cucchiate viene gettata in una teglia, dove bolle olio in abbondanza, che la farà gonfiare e dorare dopo per aver tolto l’untuosità della cottura è condita con sale e pepe.
Scagliuozze. o Scagnuozzele Piccolo pezzo romboidale di pasta di formentone (la polenta) fritto in padella, colma d’olio bollente, finché non sarà formata una crosticina dorata .

In uno degli ultimi festival della canzone napoletana fu proposta una canzone, che è diventò l’inno di ogni Pizzajuolo e che si ascolta con piacere tuttora in tutte le Pizzerie napoletane.
La canzone“ Ma tu vulive ‘a Pizza” fu cantata dal Aurelio Fierro e da Giorgio Gaber e fu scritta dal poeta Giuseppe Carullo, noto autore ed editore della rivista Ribalta e del giornale satirico “ 6 e 22 “.

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